lunedì 21 settembre 2009

La vocazione di Matteo

In quel tempo, Gesù passando vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: “Seguimi”. Ed egli si alzò e lo seguì.
Mentre Gesù sedeva a mensa in casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e si misero a tavola con lui e con i discepoli.
Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: “Perché il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?”.
Gesù li udì e disse: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate dunque e imparate che cosa significhi: ‘‘Misericordia io voglio e non sacrificio’’. Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori”.


Interessante vedere dove Matteo ha collocato il racconto della sua vocazione: dopo la guarigione totale del paralitico. Gesù, infatti, per far comprendere che Lui era soprattutto venuto per salvare l'uomo dal peccato, si rivolge al paralitico assolvendolo dai peccati e poi, per far notare agli altri che il suo, è stato un intervento concreto, guarisce anche fisicamente il paralitico. Matteo si sente paralizzato interiormente e forse ha saputo del miracolo che aveva compiuto Gesù, aveva ammirato quell'uomo e al suo "Seguimi!", Matteo, come il paralitico, si alza subito e lo segue. Gesù non ha paura di contaminarsi ed entra nella sua casa, nella cella più profonda del suo cuore e là ne condivide le amicizie, gli interessi. Gesù incontra i peccatori e dona loro la misericordia, li solleva dalla loro condizione, ma soprattutto non si vergogna di stare con loro. La misericordia vale più di tutti i sacrifici.

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